Cari viaggiatori,
nei giorni scorsi si è assistito alla polemica tra chi voleva la riapertura delle chiese per i riti pasquali e chi era contrario. I primi, tra loro soprattutto chi in chiesa ci va di rado, hanno detto che non si possono tenere aperte le tabaccherie per soddisfare un “vizio del corpo” e tenere serrate le chiese che potrebbero saziare lo spirito. Dall’altra parte troviamo coloro, tra questi molti uomini di Chiesa e affini, che affermano che si può pregare da soli perché è giusto che in questa fase prevalga il diritto alla salvaguardia della propria e altrui salute.
La discussione su questo tema ci porta ad ampliare la riflessione sul senso del rito, di ogni rito, civile o religioso. Tante persone si lamentano della ripetitività di alcuni appuntamenti, dalla Pasqua al 25 aprile, dal Primo maggio al 2 giugno. Tre di questi di sicuro li saltiamo mentre il quarto chissà. E ora che il coronavirus li ha cancellati ci mancano, anche sotto l’aspetto festaiolo che, in fondo, è rituale anche quello.
Ecco, è sul senso più profondo del rito che dobbiamo ragionare. È il simbolo identitario di una comunità. Si può pregare da soli invece che in gruppo; si può celebrare il 25 aprile con la bandiera alla finestra invece che in piazza ma del rito collettivo non si può fare a meno. Appena sarà possibile.
Buon viaggio
30 commenti a “Da soli o in gruppo”