Cari viaggiatori,
che notte, ragazzi, quella notte allo stadio Atzeca di Città del Messico. Era il 17 giugno 1970, avevo dodici anni e mezzo e una passione sfrenata per il calcio. E’ passato mezzo secolo da quell’Italia-Germania 4-3. Quante emozioni e quanti ricordi. La vidi insieme al mio babbo. Incollati davanti al televisore collocato sul frigorifero. Una partita che sembrava finita con uno striminzito 1-0 e l’Italia in finale mondiale con il Brasile di Pelè.
Invece il bello doveva venire. Nel recupero rete di Schnellinger, il difensore del Milan. Una zampata e Albertosi, il portiere azzurro, battuto. Imprecazioni contro il tedesco. Si va ai supplementari. Trenta minuti di passione. Un’altalena di emozioni, come dicevano i cronisti del tempo. La voce di Nando Martellini raccontò quella partita epica. Chi non l’ha vista in diretta si è perso un capolavoro che ora rivive con il libro fresco di stampa di Maurizio Crosetti, giornalista di Repubblica, e tra qualche ora attraverso quello di Riccardo Cucchi, il radiotelecronista gentiluomo, che non vedo l’ora di leggere. Di quel mondiale del ’70 non ci si ricorda neppure la finale, che perdemmo nettamente contro il Brasile. Nei ricordi di generazioni di italiani è rimasta impressa nella mente Italia-Germania 4-3. La finale andò come andò. Gli azzurri erano stanchi, il mio idolo De Sisti non ne poteva più, e i brasiliani troppo forti per la nazionale di Ferruccio Valcareggi, un mito. Molti ma-oisti (quelli che cercano sempre il pelo nell’uovo) non lo ricordano come il commissario tecnico che vinse il titolo europeo a Roma e che ci portò in finale mondiale in Messico ma per aver schierato solo per sei minuti Rivera nella sfida con i brasiliani.”Ah, se lo avesse fatto entrare prima” quante volte lo hanno ripetuto i ma-oisti. Anche io feci quella domanda a Valcareggi, quando ebbi l’onore di premiarlo al circolo Arci della Coroncina. Uccio, un vero Signore, allargò le braccia. Deve aver pensato: “Dovevo venire a Siena per sentirmi fare questa domanda?”. Non lo disse a voce alta, perchè era, appunto, un Signore, In quel momento mi sentii un po’ ma-oista anche io.
Buon viaggio
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