Cari viaggiatori,
tra gli obblighi sanciti dall’ultimo decreto del presidente del consiglio dei ministri c’è il divieto delle partite di calcio. Un altro colpo per i giovanissimi, per la loro voglia di socialità, per la loro necessità di crescita. Giocare a calcio non è solo attività fisica ma soprattutto serve per maturare. Ricordo ancora, a distanza di 51 anni, una partita della Coppa Amicizia (calcio a sette nel campetto del ricreatorio del Costone a Siena) disputata il mattino del 26 dicembre, per Santo Stefano. Di fronte la mia squadra, l’Us Taverne Arbia, e i Felini di Marciano. Sapevamo che sarebbe stata una gara facile. Finì 12-0 per noi. Una passeggiata. Infierimmo. Avevo dodici anni ed ero il capitano di quella squadra. I nostri avversari ci rimasero male. Erano più piccoli di noi. L’anno successivo ce li trovammo di nuovo di fronte. Dovevamo vincere a tutti i costi per conquistare la Coppa Usac, il trofeo più ambito per i giovanissimi. Finì 0-0. I Felini, che erano cresciuti, ci fermarono sulla strada della vittoria. Ci ricordarono quella volta che li umiliammo. Vincere sì, umiliare no. Sbagliato farlo nello sport e nella vita. Ecco perchè dobbiamo sperare che presto i ragazzini possano tornare a giocare a calcio e a praticare gli altri sport di squadra.
Buon viaggio e buona partita, quando sarà possibile
4 commenti a “Quella partita della vita”