Cari viaggiatori,
qualche giorno fa ho scritto un post su questo blog dove cercavo di mettere in evidenza alcuni messaggi contraddittori che piovono sull’opinione pubblica in questa fase di emergenza. Ho fatto l’esempio del cosiddetto “distanziamento sociale” che invita all’isolamento mentre c’è bisogno del senso di appartenenza responsabile al destino di una comunità. Più giusto parlare di distanziamento fisico, spaziale, per tutelare, come dicono autorità pubbliche e scienziati, la salute individuale e collettiva.
Ho sentito in televisione il filosofo Massimo Cacciari esprimere lo stesso concetto in maniera molto più profonda e spero che ai Vertici gli diano ascolto. C’è un’altra definizione diventata di moda negli ultimi giorni, la “nuova normalità”. Anche questa non mi piace. E’ un messaggio pessimistico che viene da autorità pubbliche e scientifiche proprio quando l’Italia è alle prese con la ripartenza.
C’è bisogno di dare fiducia a imprenditori, lavoratori, insegnanti, ragazzi, a tutti insomma, dopo sessanta giorni e più in cui la stragrande maggioranza dei cittadini è rimasta chiusa in casa, ubbidiente ai vari decreti nazionali e locali. Chiamiamola “verso la normalità” questa fase in cui bisogna prestare attenzione a quello che ci dicono, più o meno e in vario modo, le autorità: indossate le mascherine, mantenete le distanze spaziali, usate il gel, le cautele varie adottiamole tutte. Senza se e senza ma. Però non facciamole diventare la “nuova vita”.
Arriverà il giorno in cui per salutarci non ci daremo di gomito (mi ricorda tanto l’alzare il gomito in osteria) ma una vigorosa stretta di mano o un caldo abbraccio. Arriverà il giorno in cui per salire in treno non ci sarà bisogno di vestirsi come un chirurgo in sala operatoria. Arriverà il giorno in cui i bambini potranno stare in classe con la maestra e gli adolescenti in aula con gli insegnanti, dopo aver trascorso mesi davanti a un computer (per chi ce l’ha) e aver lasciato sul campo enormi disuguaglianze di cui sentiremo gli effetti per anni. Arriverà il giorno in cui, dopo esserci tagliati barba e capelli (voi) dal barbiere (riaperti), potremo ascoltare la presentazione di un libro in una sala invece che su una piattaforma digitale. Arriverà il giorno in cui non dovremo sforzare la vista per capire se dietro quella mascherina c’è una persona che conosciamo oppure una che le assomiglia. E potremmo continuare a lungo questo elenco di cose che vogliamo tornare a fare in quella che non sarà la “nuova normalità” ma la “nostra vita”, quella vera.
Buon viaggio