Immunità. E la vita?

Cari viaggiatori,

una parola che va molto di moda in questo fase di emergenza è immunità. Al tema ha dedicato un libro il filosofo Roberto Esposito, che ci invita a riflettere sui rischi che l’immunizzazione fa correre: da una parte ci protegge e dall’altra snatura o addirittura nega la vita. Scrive che “oggi, sotto la pressione del virus, l’unico modo per le nostre società di salvarsi passa per la desocializzazione. E anche per il sacrificio di alcune libertà personali”. Poi Esposito si pone, e ci pone, una domanda: “Ma fino a quando ciò è possibile senza smarrire il significato più intenso della nostra esistenza, che è la vita di relazione?”

La sua risposta: “La stessa immunità che serve a salvare la vita potrebbe svuotarla di senso, sacrificando alla sopravvivenza ogni forma di vita”. E la nostra?

Buon viaggio

La riscoperta dei simboli

Cari viaggiatori,

una delle conseguenze che ci porteremo dietro quando #tuttoquestopasserà sarà la riscoperta dei simboli. Uno di questi è stato l’arcobaleno accompagnato da #andràtuttobene. Quando scompariranno da finestre e terrazze vorrà dire che avremo superato l’epidemia. In queste ore due vicende ci hanno fatto riflettere ed emozionare, il passaggio delle Frecce tricolori e l’apertura, almeno per un giorno delle scuole. 

Quel rapido volo con i colori della nostra Patria ha unito le città italiane. Quest’anno, il bianco, il rosso e il verde, ci sono sembrati colori più vivi, più accesi di sempre. Un’impressione oppure la consapevolezza di far parte di una comunità che ha voglia di guardare avanti con operosa fiducia? Comunque sia aver alzato lo sguardo verso il cielo ha dato positività alla nostra giornata. L’altro simbolo di cui si parla è l’apertura per un giorno delle scuole prima della conclusione di questo tribolatissimo anno scolastico.
Forse di difficile realizzazione ma averci pensato è già importante: un abbraccio, purtroppo furtivo, con i compagni e gli insegnanti, e la foto di classe da guardare con occhi lucidi tra qualche tempo come uno dei pochi ricordi belli dell’anno pandemico 2020.

Buon viaggio

Agenda per il 2 luglio e 16 agosto

Cari viaggiatori,

Il giornalista Alessandro Lorenzini nel suo blog si chiede che cosa faranno i senesi il 2 luglio e il 16 agosto, i giorni del Palio. L’emergenza coronavirus ha fatto annullare le due carriere del 2020. Ricordo un’intervista televisiva degli anni Ottanta con l’architetto Augusto Mazzini in cui gli chiedevo che cosa avrebbero fatto i senesi nei giorni del Palio senza il Palio. Fu una bella conversazione e Augusto, uomo di visione, provo’ a dare risposte non banali con un risultato finale: non riuscimmo a immaginarci Siena senza il Palio. Non so se Alessandro, senese doc, riuscirà a ricevere altre risposte dai navigatori del suo blog. Lui ha detto che il 2 luglio potrebbe andare al mare (ma é giovedì) e a Ferragosto a fare una grigliata con gli amici.

Provo a imitare Augusto e immagino. Penso che i senesi faranno quello che la leggenda racconta a proposito di Folco, il cavallo che corse prima e dopo la seconda guerra mondiale. La leggenda, che pare smontata dalle ricostruzioni storiche ma a noi piace così, narra che Folco, durante la guerra andasse lo stesso in Piazza. Così faranno i senesi, caro Alessandro. E si abbracceranno pure. E forse i torraioli con quelli di Fontebranda e i tartuchini con Il Bianchi della Chiocciola. E in quella Piazza, dove è ri-nata la verbena, caro Alessandro, ci sarai anche te, con il microfono e un blocchetto per appunti. E farai una bella cronaca del Palio che non c’è.

Buon viaggio

La “nuova normalità” e la “nostra vita”

Cari viaggiatori,

qualche giorno fa ho scritto un post su questo blog dove cercavo di mettere in evidenza alcuni messaggi contraddittori che piovono sull’opinione pubblica in questa fase di emergenza. Ho fatto l’esempio del cosiddetto “distanziamento sociale” che invita all’isolamento mentre c’è bisogno del senso di appartenenza responsabile al destino di una comunità. Più giusto parlare di distanziamento fisico, spaziale, per tutelare, come dicono autorità pubbliche e scienziati, la salute individuale e collettiva.

Ho sentito in televisione il filosofo Massimo Cacciari esprimere lo stesso concetto in maniera molto più profonda e spero che ai Vertici gli diano ascolto. C’è un’altra definizione diventata di moda negli ultimi giorni, la “nuova normalità”. Anche questa non mi piace. E’ un messaggio pessimistico che viene da autorità pubbliche e scientifiche proprio quando l’Italia è alle prese con la ripartenza.

C’è bisogno di dare fiducia a imprenditori, lavoratori, insegnanti, ragazzi, a tutti insomma, dopo sessanta giorni e più in cui la stragrande maggioranza dei cittadini è rimasta chiusa in casa, ubbidiente ai vari decreti nazionali e locali. Chiamiamola “verso la normalità” questa fase in cui bisogna prestare attenzione a quello che ci dicono, più o meno e in vario modo, le autorità: indossate le mascherine, mantenete le distanze spaziali, usate il gel, le cautele varie adottiamole tutte. Senza se e senza ma. Però non facciamole diventare la “nuova vita”.

Arriverà il giorno in cui per salutarci non ci daremo di gomito (mi ricorda tanto l’alzare il gomito in osteria) ma una vigorosa stretta di mano o un caldo abbraccio. Arriverà il giorno in cui per salire in treno non ci sarà bisogno di vestirsi come un chirurgo in sala operatoria. Arriverà il giorno in cui i bambini potranno stare in classe con la maestra e gli adolescenti in aula con gli insegnanti, dopo aver trascorso mesi davanti a un computer (per chi ce l’ha) e aver lasciato sul campo enormi disuguaglianze di cui sentiremo gli effetti per anni. Arriverà il giorno in cui, dopo esserci tagliati barba e capelli (voi) dal barbiere (riaperti), potremo ascoltare la presentazione di un libro in una sala invece che su una piattaforma digitale. Arriverà il giorno in cui non dovremo sforzare la vista per capire se dietro quella mascherina c’è una persona che conosciamo oppure una che le assomiglia. E potremmo continuare a lungo questo elenco di cose che vogliamo tornare a fare in quella che non sarà la “nuova normalità” ma la “nostra vita”, quella vera.

Buon viaggio

Il Piave mormorava

Cari viaggiatori,

il 24 maggio del 1915 l’Italia entrava in guerra, nella Grande Guerra, come mi raccontava mio Nonno Pietro, Cavaliere di Vittorio Veneto. Sono cresciuto sulle sue ginocchia con il mito del Piave che mormorava calma e placido al passaggio dei primi fanti il 24 maggio…Oggi il mio ricordo riconoscente va a Nonno Pietro e a tutti quei soldati che caddero nella Grande Guerra.

E’ bello che un grande giornalista come Riccardo Cucchi oggi scriva così: “In ogni città, in ogni borgo c’è almeno una lapide che li ricordi: un milione di soldati hanno sacrificato la loro vita. Erano contadini, operai, poeti…Credevano negli ideali.

Mi fermo sempre a leggere i loro nomi con rispetto. La guerra è orrore. Sempre”. Su quelle lapidi il nome di mio Nonno Pietro non c’è. Riuscì a tornare vivo ma nella sua mente erano impresse le testimonianze vissute dei giorni in trincea. Non le poteva dimenticare e me le ha trasmesse. E tra le emozioni indimenticabili della mia vita c’è quella mattinata della fine degli anni Sessanta quando, insieme al babbo Vincenzo, accompagnai Nonno Pietro nel palazzo comunale di Asciano per ricevere il riconoscimento di Cavaliere di Vittorio Veneto. Quel diploma con la benemerenza lo conservo, insieme alla inseparabile pipa.

Buon viaggio

La scuola e la nuova normalità

Cari viaggiatori,

le mamme lo avevano detto il 18 aprile; un gruppo di intellettuali qualche giorno fa. Parlano della scuola, implorano il ministro di riaprire le aule per finire l’anno scolastico “in presenza”.

I limiti della didattica a distanza sono sotto gli occhi di tutti. È servita a tamponare un buco ma ha acuito le differenze e le disuguaglianze. Ne abbiamo parlato qualche post fa.

La scuola “in assenza” provoca danni ai giovani e soprattutto ai giovanissimi. La scuola non è solo apprendimento di nozioni ma anche socialità. Ora che sono tornate alla carica le mamme con una massiccia protesta soprattutto via social e, finalmente, anche gli intellettuali guidati da Massimo Cacciari sono scesi in campo, forse il ministro e il governo ripenseranno un modello di scuola che non può essere la nuova normalità.

Buon viaggio

Il sospetto non è l’anticamera della verità ma della calunnia

Cari viaggiatori,

in queste ore si ricorda la figura del magistrato Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia nell’attentato di Capaci. Alcuni di coloro che oggi spendono parole di elogio per il magistrato non esprimevano gli stessi pensieri quando Falcone era in vita. Del giudice vogliamo ricordare un pensiero che dovrebbe far parte della cultura della legalità: “Il sospetto non è l’anticamera della verità ma della calunnia”.

Buon viaggio

Messaggi chiari e non contraddittori

Cari viaggiatori,
mai come in questa cosiddetta ripartenza c’è bisogno di dare messaggi  semplici, chiari e soprattutto non contraddittori. Le parole, oltre ai comportamenti, sono importanti e, nel dubbio, meglio restare in silenzio. Facciamo un esempio.
Si riaprono i bar e, siccome si creano inevitabili assembramenti, il presidente del consiglio e alcuni presidenti di regione si arrabbiano perché continuano a ripetere in maniera ossessiva e talvolta minacciosa che è necessario il distanziamento sociale. In questo blog ci siamo già occupati di questa infelice espressione. Infelice perché contraddittoria. Non si può chiedere ai cittadini di avere atteggiamenti responsabili perché si è parte di una comunità e poi si invoca il distanziamento sociale che è un chiaro invito all’individualismo. Meglio sarebbe sollecitare il distanziamento fisico o spaziale perché questo è quello che è necessario.
Prendere un caffè al bar stando a un metro di distanza da un amico o da un altro cliente non è distanziamento sociale ma spaziale, fisico. La socialità è necessaria sempre, anche al tempo del coronavirus perché vuol sentirsi membri responsabili di una comunità, disponibili ad autolimitarci per il bene superiore della salute individuale e collettiva.
Buon viaggio

In bocca al lupo

Cari viaggiatori,

in bocca al lupo a chi oggi tira su il bandone, a chi prova a ripartire tra incertezze, tante, e certezze, poche. In bocca al lupo a chi, per ora, tiene giù il bandone. In bocca al lupo a chi oggi va a messa e in sinagoga, in moschea e nel tempio induista.

In bocca al lupo a chi ora e a chi labora. In bocca al lupo a quei ragazzi che oggi non so dove andranno, visto che molti genitori tornano sul posto di lavoro e le scuole restano chiuse. In bocca al lupo a chi vorrebbe partecipare a un dibattito culturale e il circolo è serrato perché istruzione e libri su cui confrontarsi sono considerati meno importanti dei runner che non sudano e non lanciano goccioline infette. Insomma, in bocca al lupo a tutti, a chi prova “a fare” e chi “non può fare”. E grazie a chi non si è mai fermato per permetterci di provare a riveder le stelle. In tanti abbiamo atteso questo 18 maggio dell’anno pandemico 2020 per fare “qualcosa” di nuovo o di vecchio.

Chissà, forse nell’altra pagina della vita che è la morte, il Grande Maestro potrà fare in libertà quello che desiderava dopo la fine della quarantena, mettersi al sole e abbracciare un albero. E poi abbracciare gli amici, “ci metteremo a ridere o ci spunteranno le lacrime. Non so come sarà. Ma qualsiasi cosa sia sorrideremo. Felici di essere vivi”.

Perché “la morte non esiste, è una parte della vita” oppure “forse, semplicemente un’altra tournèe” come ha scritto oggi Gabriele Romagnoli, il giornalista che dipinge con la tastiera del pc, come il Grande Maestro “dipingeva la musica con le mani”.

Buon viaggio

Santo cielo o cielo santo

Cari viaggiatori,

in questi giorni molti di noi hanno sperato di poter guardare l’orizzonte. Fortunato chi lo ha potuto fare. Ma quando #tuttoquestopasserà e potremo volgere tutti lo sguardo all’infinito non dobbiamo dimenticarci che il nostro orizzonte non è davanti ma dietro di noi. Quello che è successo in questa primavera del 2020 non lo dimenticheremo.

I pianti e i canti, le strade vuote e i litigi, i sorrisi nervosi e le sirene delle ambulanze, i volti dei malati e le facce dei guariti e tante immagini che resteranno nel segreto dei nostri cuori. Dicono che siamo entrati nella Fase 2 e la nostra agenda dei pensieri e delle azioni non dovrebbe essere ispirata dalla paura ma dal desiderio di vedere un cielo stellato, senza temporali, senza incubi. Meglio dire “cielo santo” invece di un rabbioso “santo cielo” come espressione di desiderio per superare la paura.

Buon viaggio