Si nasce, si muore, si risorge

Cari viaggiatori,

qualche tempo fa Ezio Bosso disse: “Per me la morte non esiste, è una parte della vita”. Sono le fasi della vita anche per Vito Mancuso che parla delle idee del cristianesimo sulla morte: “C’è un filone che risale a San Paolo, che considerava la morte figlia del peccato, dunque l’ultima nemica da battere, prima del trionfo del Regno. E poi c’è un altro filone, più minoritario, che invece si richiama a San Francesco d’Assisi, che nel Cantico delle creature loda Dio per averci donato ‘Sora nostra morte’.

Una visione che la considera parte del ritmo della vita, non come qualcosa di estraneo, da negare. Questo è il modo in cui io guardo la morte”.

Si nasce, si muore, si risorge.

Buon viaggio

Esondati i fiumi di parole

Cari viaggiatori,

correva l’anno 1997 e al festival di Sanremo venne presentata la canzone Fiumi di parole, cantata dal duo Jalisse (Fabio Ricci & Alessandra Drusian). Il brano, a sorpresa, vinse la manifestazione ma non riuscì a conquistare la vetta delle vendite. Il titolo ben si adatta ai tempi nostri, inondati, appunto, da fiumi di parole. Il 13 maggio del 2020, il giorno dopo la liberazione di Silvia Romano, i fiumi sono esondati (straripati non è meglio?) e hanno suscitato un commento di Riccardo Cucchi, il giornalista che più di ogni altro ha utilizzato tante parole nella sua vita professionale. Fare le radiocronache del calcio vuol dire pronunciare una parola dietro l’altra a ritmi vertiginosi. Ieri ci ha regalato un’altra perla di saggezza. Eccola: “La parola. Quanto è necessario un rinascimento della parola in un’epoca di invettive e umiliazione del linguaggio. La parola è il ponte creato dall’essere umano per non essere solo. Ma di fronte alle parole dell’oggi il silenzio rischia di diventare virtù. Oggi #13maggio”. Parole sagge, queste.

Buon viaggio

La scuola “in assenza”

Cari viaggiatori,

“da che mondo è mondo” l’istruzione pubblica è fondamentale nella formazione dei cittadini. L’articolo 34 della Costituzione della Repubblica italiana ci ricorda che “la scuola è aperta a tutti…I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. E’ così. Anzi, dovrebbe essere così. “Da che mondo è mondo”, appunto, qualche privilegio chi è “figlio di” ce l’ha nel percorso degli studi. Non serve scomodare don Lorenzo Milani e la sua scuola di Barbiana per capirlo e lo sapevano bene i nostri padri costituenti che all’articolo 3 scrissero: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…”.
Dare la scuola a tutti è un imperativo. E in questa fase viene garantita “la scuola a tutti”? Purtroppo no, sebbene lo spirito di adattamento e l’alfabetizzazione digitale in tempi record di tanti presidi, di molti maestri elementari e professori siano serviti per fornire l’istruzione a giovani e giovanissimi. Non tutte le famiglie, però, hanno zoom; non tutti i bambini hanno genitori con la disponibilità e la capacità di aiutarli nei compiti scolastici. Hanno fatto tenerezza e suscitato commozione le foto di un bambino che ha piazzato un tavolino in mezzo al bosco per avere il collegamento internet e due piccoli rom che fanno i compiti in un campo nomadi.

Quell’articolo 34 rischia di essere vanificato da questa epidemia. In Francia, colpita come l’Italia dal coronavirus, hanno deciso di aprire materne ed elementari e, forse, il primo giugno anche i licei. Coraggiosi? Incoscienti? Al momento non si può dare una risposta. Il ministro Jean-Miche Blanquer ha motivato così la decisione del governo: “Abbiamo scelto di avere coraggio e difendere il principio dell’istruzione”. La scelta, ora, è da applausi, e ci spelleremo le mani fino a quando non scoppieranno di nuovo i contagi, se l’ormai famosa scala dovesse risalire. A quel punto il ministro francese sarà offeso da genitori imbufaliti. In Italia è stata scelta la linea della chiusura delle scuole e, di fatto, vanificato l’articolo 3 della Costituzione.
Lo stop all’istruzione nelle aule rischia di ampliare le distanze tra “chi può” e “chi non può”. Penso ai bambini delle scuole elementari italiane che perdono quasi metà anno scolastico.

“Chi può” potrà farcela a recuperare, “chi non può” rischia di restare per sempre indietro perché l’istruzione, se è per tutti, va fatta “in presenza”, altrimenti diventa “scuola in assenza”. O, peggio ancora, diventa “scuola per chi può”.Buon viaggio

Nonna Maria, Seneca e Henry John Kaiser

Cari viaggiatori,

che cosa hanno in comune la mia Nonna Maria, il filosofo Seneca e Henry John Kaiser, padre della cantieristica navale moderna? 

Nonna Maria diceva che “quello che non ammazza, ingrassa”.

Seneca spiegava che “le difficoltà rafforzano la mente”.

Per Henry John Kaiser “i problemi sono solo opportunità in abiti da lavoro”.

I tre personaggi ci insegnano che le difficoltà, le crisi non devono piegarci. Si affrontano e si superano. Se non ci crediamo almeno proviamoci a uscire dalla tempesta.

Buon viaggio

Distanziamento, fisico o sociale?

Cari viaggiatori, 

questa epidemia ci lascerà in eredità anche tante parole, alcune belle e altre molto brutte. Qualcuna la sentiamo ad ogni ora del giorno e della notte e la leggiamo ovunque. E’ il “distanziamento sociale”. Se ci pensate è terribile.

Vuol dire distacco dagli altri, allontanamento dalle persone anche in senso emotivo. Non sarebbe stato meglio dire “distanziamento fisico”? In fondo, gli scienziati, i ministri e le autorità pubbliche ci dicono che la diffusione del coronavirus si può fermare restando a distanza di un metro, un metro e ottanta centimetri. MIca ci dicono che non bisogna considerare gli altri, che dobbiamo smettere di sentirsi parte di una comunità. Allora, perché continuano a spiegarci che occorre mantenere il “distanziamento sociale” mentre quello che serve è il “distanziamento fisico”?

E poi, un’altra domanda: perché alcune regioni prescrivono distanze di un metro e altre un metro e ottanta?

Forse le goccioline hanno una velocità maggiore in Toscana e minore nel Lazio? Boh.

Buon viaggio

Giornalisti, anche loro eroi civili

Cari viaggiatori, 

verso la fine di marzo di quest’anno, in piena emergenza coronavirus, ricordai una categoria di eroi civili dimenticata, i camionisti. In questi mesi hanno continuato a lavorare, a trasportare i prodotti da far arrivare sulle nostre tavole. Spesso ci fanno paura quando li incrociamo con i loro bestioni sulle strade e autostrade d’Italia. A me non fanno paura. Li conosco, soprattutto uno l’ho conosciuto da vicino. Era il mio babbo. Dei camionisti spesso non si parla bene proprio perché quei tir incutono timore. Sono un po’ come i giornalisti. Anche questa categoria non gode di buona reputazione. Ma, come si usa dire, le generalizzazioni sono sempre sbagliate. Durante l’emergenza coronavirus anche i giornalisti vanno annoverati tra gli eroi civili. Ci hanno portato ogni giorno in casa le notizie, i bollettini dei morti e dei guariti, ci hanno raccontato le storie che ci hanno fatto piangere e loro stessi hanno pianto. C’è chi lo ha confessato e ha fatto bene a farlo. Vuol dire essere forti e sensibili. 

Tempo fa mi venne detto che “giornalisti si è per sempre” e quindi provo a immaginare le difficoltà di fare il giornalista di quotidiano al tempo del coronavirus, il districarsi tra ospedali e caserme, a caccia del virologo che può darti una notizia e un sindaco che prova a interpretare il decreto della presidenza del consiglio mentre arriva un’ordinanza della Regione. E poi torni in redazione e ricevi la telefonata di un lettore che ti insulta perché nell’articolo, uno dei tanti che hai scritto in una giornata, c’è un refuso. Ti verrebbe la voglia di mandarlo a quel paese ma non lo fai perché è una persona che al mattino si è alzata ed è andata all’edicola per acquistare il giornale che ti permette di fare la professione da molti ritenuta la più bella del mondo. E allora ricominci a scrivere o a coordinare il lavoro dei colleghi. La redazione è meno affollata perché c’è chi preferisce lavorare da casa. Mancano le urla e i capricci delle riunioni “in presenza” perché su zoom e skype ognuno si dà un tono e si sente tanto mezzobusto tv. La giornata va avanti. Se sei un capo devi barcamenarti tra colleghi che andrebbero ovunque, anche alla Rsa piena di contagiati, pur di portare una notizia e chi, invece, preferisce servizi più comodi. Sai che lavori per mandare il tuo giornale in edicola ma molti potenziali lettori sono costretti a stare chiusi in casa. Quella casa che raggiungerai a tarda sera, dopo aver spento l’ultimo pc lasciato acceso da un collega sbadato, in attesa di un nuovo giorno. E mentre cammini lo sguardo incontra una carta colorata attaccata a un balcone, #andràtuttobene. Provi a crederci e vai avanti. Fai o non fai il mestiere più bello del mondo?

Buon viaggio

Ciampi, il Buongoverno e i cittadini

Cari viaggiatori,
sfogliando una vecchia moleskine ho ritrovato un pensiero di Carlo Azeglio Ciampi esposto a Siena, davanti al Buongoverno di Ambrogio Lorenzetti, nel 2002. Il presidente della Repubblica dette un messaggio agli uomini politici di quel momento che è valido ancora oggi. “E’ un insegnamento importante per i governanti di tutti i tempi – disse puntando l’indice davanti a sé – Chiunque abbia responsabilità di pubblici uffici deve saper guardare lontano, deve saper lavorare anche per chi verrà dopo, nelle stesse cariche che oggi gli sono affidate. E non importa se il successore potrà essere di un’altra parte politica: la politica è l’arte di governare per il bene comune, in una giusta dialettica, protratta nel tempo, tra diverse parti e scuole di pensiero”. Vale per chi ha ruoli di guida ma è anche una raccomandazione per tutti i cittadini ai quali è richiesta la consapevolezza di far parte di una comunità di destino che va preservata con cura per affidarla, meglio di come l’abbiamo ereditata, a chi verrà dopo di noi.
Buon viaggio

De Crescenzo e il cardinale Martini

Cari viaggiatori,
proviamo a fare un’operazione all’apparenza ardita, quella di trovare qualche punto di contatto tra Luciano De Crescenzo e il cardinale Carlo Maria Martini. L’ingegnere-filosofo diceva che “il punto interrogativo è il simbolo del bene, così come l’esclamativo è il simbolo del male. Quando sulla strada vi imbattete nei punti interrogativi, nei sacerdoti del dubbio positivo, allora andate sicuro che sono tutte brave persone, quasi sempre tolleranti, disponibili e democratiche. Quando invece incontrate i punti esclamativi, i paladini delle grandi certezze, i puri della fede incrollabile, allora mettetevi paura perchè la fede molto spesso si trasforma in violenza”.

Un uomo di fede era il cardinale Martini ma “la sua cultura non gli permetteva sicurezze inossidabili, il muro contro muro, caro a chi non ha dubbi” ricorda Armando Torno. Quindi il cardinale Martini, per usare le categorie di De Crescenzo, era un punto interrogativo, simbolo del bene. Ne hanno avuto la riprova coloro che nel corso degli anni hanno seguito sul Corriere della Sera una rubrica di lettere alle quali rispondeva il cardinale. Ricordo uno scambio di battute tra Martini e un non credente. Quest’ultimo scrive: “Quella cosa bellissima che è la vita non ha potuto crearla nessun altro che un essere straordinario”.

La risposta: “Nonostante la differenza tra il mio credere e la sua mancanza di fede siamo simili, lo siamo come uomini nello stupore davanti al creato e alla vita”. Sì, un punto interrogativo, simbolo del bene.

Buon viaggio

Uomini e storie che non si fermano

Cari viaggiatori,
nel Belpaese che prova a ripartire ci sono tante belle storie da raccontare e da leggere.
Sono quelle di imprenditori e aziende che lavorano giorno e notte per superare le difficoltà ed essere all’altezza dei cambiamenti.
La rivista Espansione dedica molte pagine a questi capitani coraggiosi e mette in copertina la faccia rassicurante di Marco Frittella, uno dei giornalisti italiani più noti.
È un volto amico. In una intervista annuncia la prossima uscita del suo libro dedicato al mondo green.
Sono storie di successo e, in questo momento, rappresentano un bel segnale di speranza. È come piantare una vigna oggi, in tempo di crisi, per avere il vino domani quando #tuttoquestopassera’.

Buon viaggio